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4 novembre 2019

Fucilati e decimati non furono considerati caduti in guerra

I soldati dimenticati della Grande guerra


Volendo sintetizzare le critiche all'opera del Comando esse si possono riassumere in nove o dieci punti:
1° È assodato che l'Italia nel 1911 avrebbe potuto in una ventina di giorni schierare in battaglia 600 mila uomini con una relativa riserva.
2° Che durante la neutralità è stato aumentato l'esercito, ma non trasformato.
3° Che si aprirono le ostilità prima che le forze combattenti avessero potuto essere addossate alla frontiera minacciata.
4° Che fu un errore strategico estendere il nostro fronte dallo Stelvio al mare.
5° Che mancò una riserva mobile per far fronte alle mosse improvvise del nemico; e questa fu la principale delle ragioni per cui fu aggravata a nostro danno l'impresa austriaca del Trentino, e per cui i combattimenti di Gorizia non dettero tutto il loro frutto e la rotta di Caporetto ebbe le conseguenze gravi che si deplorarono.
6° Gli attacchi frontali imposti senza mezzi adeguati ai comandanti d'alto grado, che dovevano obbedire ciecamente come se fossero dei semplici caporali, provocarono scontri sanguinosi, che qualche volta, anzi molte volte, ebbero fortuna tattica, ma non cambiarono la fisonomia della guerra, non ebbero risultati strategici proporzionati alla perdita di sangue.
7° Da questo emerge l'inutile o, se non l'inutile, il grande logorio delle truppe; logorio che unito ai siluramenti, a un rigore eccessivo, alle decimazioni di cui non si era mai sentito parlare nelle guerre precedenti, fiaccò la resistenza morale delle truppe. A questo riguardo molto potrei dire, ma osservo soltanto che quando ordini troppo rigidi scendono dall'alto, diventano valanghe in mezzo alle truppe, e non è meraviglia quindi se un comandante di Armata desse ordine di non abbandonare le posizioni fino a che i tre quarti degli effettivi non fossero spariti.
8° La colpa dello squarcio del Trentino risale unicamente ai Comando supremo e non ad altri.
9° Fu un errore, un'imprudenza, l'ammassare provviste di ogni genere nella zona di Udine, cioè quasi presso le linee combattenti.
10° La rotta di Caporetto non poté essere infrenata al Tagliamento, perché quella linea era stata sguernita nei primi mesi di guerra delle sue armi e non ne fu più reintegrata, onde si dovette improvvisare la resistenza alla Piave.
Queste le segnalazioni salienti indicate dal liberale Fortunato Marazzi nel settembre 1919 alla Camera, dopo i risultati relazionati dall’apposita Commissione d’inchiesta sulla disfatta di Caporetto. 

13 ottobre 2019

Dalla ABCD alla Purfina (12)

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

Il passaggio dalla Permolio alla Purfina nella Roma degli anni Sessanta





L’anno successivo iniziarono a circolare notizie riguardo ai lavori di costruzione dei nuovi impianti dello stabilimento di raffineria a Ponte Galeria. La Colombo costruzioni di Lecco si occupò delle opere edili dei nuovi stabilimenti, mentre la cronaca si occupò degli incidenti di percorso:
   Un giovane operaio è rimasto ustionato mentre lavorava per lo scoppio del becco della fiamma ossidrica. Si chiama Mario Di Pietrantoni ha 23 anni e abita in via Ventimiglia 19. L’incidente si è verificato nel cantiere della costruenda raffineria della Purfina a Ponte Galeria, in via di Malagrotta. Di Pietrantoni stava tagliando una lamiera con la fiamma ossidrica quando improvvisamente è scoppiata la manichetta del cannello; il giovane è stato investito da un getto di liquido incandescente rimanendo ustionato alle mani e in altre parti del corpo.
   Il Di Pietrantoni si è accasciato a terra urlando per il dolore e richiamando l’attenzione dei suoi compagni di lavoro. Le prime cure sono state portate direttamente nel cantiere, ma poiché le ustioni apparivano gravi si è provveduto a trasportare il ferito all’ospedale S. Eugenio. Verso le 11 l’operaio è stato ricoverato nel reparto «plastica» dell’ospedale dove i medici gli hanno riscontrato ustioni di primo, secondo e terzo grado all’emitorace, alle mani, al fianco, alla gamba sinistra e un grave stato di choc.
   Sembra che l’incidente sia stato provocato dalle pessime condizioni dell’attrezzo con il quale il Di Pietrantoni era costretto a lavorare. La manichetta del cannello ossiacetilenico era infatti molto logora e con ogni probabilità non ha tollerato l’alta temperatura della fiamma. Soltanto per un caso fortunato l’incidente non ha procurato ferite ancora più gravi e dolorose al malcapitato.

29 settembre 2019

Dalla ABCD alla Purfina (11)

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

Il passaggio dalla Permolio alla Purfina nella Roma degli anni Sessanta





Per la realizzazione del trasferimento della raffineria di via Portuense, nel 1957 fu costituita una nuova società la “Raffineria di Roma – RdR”, il cui capitale fu costituito per metà dalla Purfina e per l’altra metà dall’ANIC, compartecipata dell’ENI. 
   Indiscrezioni designarono a nord di Palo Laziale quale località dove individuare i terreni da “offrire” alla nuova realizzazione industriale, ampliata al punto di poter realizzare una raffinazione di circa 3.000.000 di tonnellate di petrolio grezzo l’anno e con una lavorazione a ciclo completo, a confronto alle 400.000 attuali. 

15 settembre 2019

Dalla ABCD alla Purfina (10)

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

Il passaggio dalla Permolio alla Purfina nella Roma degli anni Sessanta





L’ingresso della “Purfina” negli stabilimenti di via Portuense fu annunciato dalle stampe locali alla fine del mese di luglio 1954, che riportarono oltre alla notizia anche nuovi licenziamenti di 65 operai e la contestuale assunzione a tempo determinato di 50 operai. Ancora non ci si capacitò, come mai un’azienda quale la Permolio, che produsse 340.000 tonnellate all’anno, ebbe bisogno di cedere le quote azionarie per il 70% a capitali stranieri e soprattutto, la questione poco chiara dei licenziamenti. Per placare i sindacati circolò la voce di subappalti, secondo un costume ormai usuale nel padronato dell’epoca, assegnati per lavori di manutenzione e ripulitura, anche della ciminiera. 

8 settembre 2019

Dalla ABCD alla Purfina (9)

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

L’A.B.C.D. l’origine della raffineria di Roma che portò alla Permolio e gli aspetti sociali





Nella capitale, nella prima metà degli anni Cinquanta, c’erano ancora centinaia di famiglie che abitavano in baracche di legno con i tetti di latta ondulata o in tuguri indecorosi ricavati negli scantinati e negli antichi acquedotti romani, come già rilevato dal IX Censimento generale della popolazione del 4 novembre 1951. 
   Purtroppo, il fenomeno dell’urbanesimo del dopoguerra aveva ampliato la popolazione delle borgate periferiche di Roma: una metropoli spontanea.

   Disegnate da un volere governativo furono affidate all’Istituto fascista autonomo case popolari ‒ IFACP, che idealizzò numerose borgate, in conformità a quello che precedentemente e autonomamente furono le costruzioni rurali abusive; su terreni di speculazione di proprietari terrieri che vendettero a prezzi più alti a coloro che non poterono permettersi un’abitazione limitrofa al centro cittadino.

1 settembre 2019

Dalla ABCD alla Purfina (8)

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

L’A.B.C.D. l’origine della raffineria di Roma che portò alla Permolio e gli aspetti sociali





Parlando sempre di “costume”, è possibile affermare che questo non avvenne certo per lo sviluppo della moda, che, a differenza, fu per l’Italia un’occasione di espansione d’oltralpe in questo decennio. I sarti divennero degli stilisti, attenti osservatori dei costumi societari ma, soprattutto, dei comportamenti, esaltati dalle attrici più in voga che l’industria del cinema pose in primo piano nei grandi schermi, sviluppando un’esplosione della creatività: una capacità tipica italiana. La moda cercò di seguire gli impulsi del popolo italiano, che con la voglia di vivere, sognare, sperimentare, ostentare, dimostrò una continua ricerca del benessere. Si accorciarono le gonne come pure i capelli, si ricorse ad abiti pratici e funzionali, al punto che alcune donne iniziarono a indossare anche i pantaloni.

25 agosto 2019

Dalla ABCD alla Purfina (7)

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

L’A.B.C.D. l’origine della raffineria di Roma che portò alla Permolio e gli aspetti sociali




L’attività della raffineria di via Portuense durante la Seconda guerra mondiale subì, comunque, dei forti rallentamenti, come del resto il settore in tutto il territorio, costringendo il regime a importare petrolio anche dalla Romania, nonché prodotti sintetici dal Reich. Riprese, nel secondo dopoguerra e l’attività della raffineria fu seguita maggiormente dall’ingegnere Luigi Miani, che all’inizio del conflitto nel 1940 si sposò con Yolande Beatrix de Dampierre, discendente dei principi Ruspoli. Con l’impegno del suo consiglio d’amministrazione e alla sua giuda si confermò lo stabilimento industriale più grande dell’area centrale, il quale, nondimeno, ebbe notevoli attenzioni a causa dello sviluppo urbano iniziato a incrementarsi attorno alla via Portuense, già a partire dal termine della guerra.

11 agosto 2019

Dalla ABCD alla Purfina (6)

 Dall'A.B.C.D. alla Purfina

L’A.B.C.D. l’origine della raffineria di Roma che portò alla Permolio e gli aspetti sociali


Nella zona limitrofa all’attuale stazione di Trastevere ‒ compresa tra la curva di strada
Piano di Pietro Papa, Istituto Geografico De Agostini di Novara, 1930
ferrata della Roma–Pisa, la via del Fornetto (toponomastica di riferimento industriale) e la via Portuense, proseguendo per quella lingua di terra nella via della Magliana Antica e sovrastata da via Quirino Majorana ‒ sorgeva la cosiddetta «raffineria di Trastevere», le cui ciminiere erano citate da Pasolini in Ragazzi di vita: allora la raffineria più grande dell’Italia centrale.

4 agosto 2019

Dalla ABCD alla Purfina (5)

Dall'A.B.C.D. all'A.N.I.C.

Ragusa società in movimento e l'indotto creato dal petrolio negli anni Cinquanta


La maggiore disponibilità di cemento sul posto portò oltre a un cambiamento della struttura
urbanistica e architettonica della città, anche all’ampliamento dello sviluppo di determinati quartieri, attraverso la costruzione di nuove abitazioni private. Ciò avvenne a seguito delle accelerazioni venutesi a creare, che diedero l’impressione di maggiori possibilità economiche nei bilanci familiari. Di contro, su quest’argomento, la rapidità dello sviluppo del settore edile trovò impreparata la classe amministrativa locale, che lasciò spazio a fenomeni di speculazione. Fermo restando, che, comunque, l’attività edile subì un forte arresto nell’area circostante gli stabilimenti dell’ABCD, per via delle polveri e delle esalazioni rilasciate dalle lavorazioni all’interno degli stabilimenti, le quali alimentarono i commenti negativi di tal altri componenti della comunità ragusana, al punto che considerarono una iattura il ritrovamento del petrolio.

28 luglio 2019

Dalla ABCD alla Purfina (4)

Dall'A.B.C.D. all'A.N.I.C.

Ragusa società in movimento e l'indotto creato dal petrolio negli anni Cinquanta



(...) siede verso austro oriente ed occidente, in un arduo colle di cui bagna le radici
Veduta di Ragusa Superiore anni Venti
l’Irminio
(...). Divisa in due parti è attualmente la città, delle quali appellasi l’inferiore Ragusa e l’altra che occupa la vetta del colle Cosenza o novella (...). Fra l’una e l’altra parte è un’ampia scala giusta l’indole della rupe, stendendosi per un metro e più, fiancheggiata ad intervalli da chiese e da case particolari. La fortezza è sostenuta da un’ingente mole di sassi verso occidente e aderisce all’antica città da oriente a mezzogiorno, ma verso le altre direzioni sino ad una profondità detta volgarmente “Cava” da ogni parte è scoscesa e fornita un tempo ai quattro angoli di torri e di baluardi tenevasi come una delle più munite nell’isola e difficili ad espugnarsi pel sito, ora però abbattuta da tremuoto dopo l’anno 1613 (...) presenta da ogni parte ruine (...). I colli che sorgono all’intorno piantati in vigneti, oliveti ed albereti (...) hanno alle loro radici copiose e perenni fonti; le valli traboccanti di canape, di legumi e di biade (...). Nella pietrosa pianura intanto, che per molte miglia ampiamente si estende sulle creste delle colline, non albero occorre, ma verdeggiando in ogni tempo di erba, appresta pinguissimi pascoli ed armenti di ogni genere (...). Quivi in mezzo alla via è a vedere con giocondo spettacolo circa cento pozzi scavati nella viva pietra in piccolissimo tratto di terra, dai quali si appella il luogo (...). Erano sotto Carlo V in Ragusa 3247 fuochi e nel censimento dell’anno 1595 computavasi 8939 abitatori; nella metà del seguente secolo nei regii libri 2475 case 8732 anime; (...) nell’anno 1713 2382 case 8863 abitatori cresciuti ultimamente a 12104 (...). Dista Ragusa 4 miglia da Modica per una via difficile (...) (1). 

   Alla nota (1) si riporta quanto segue. 
Sorge in mezzo di un acclive monte di aria mediocre per la seminagione del riso acquatico ed il macero di canape e lino in punti vicini all’abitato, l’acqua però ... vi è buona ed abbondante. Appellasi variamente la città dagli scrittori delle nostre epoche Ragusa (...), Racusa (...), Ragusia (...), Raghusa (...). Questa città nel nostro secolo ha ricevuto un progresso nella sua civiltà, di cui ci sono prova i molteplici edifizii primarii ch’elegantemente si sono stabiliti (...). A circa un metro dalla città verso occidente si osservano degli antichi sepolcreti con svariate tombe (...). La popolazione di Ragusa ascendeva nel 1798 a 16616 anime, cresciute a 21466 nel 1831, ed a 23501 nel fine del 1852. Stendesi il territorio in salme 23897,361 delle quali compartite per coltivazioni 16,432 in giardini, 61,021 in orti semplici, 0,508 in canneti, 367,234 in seminatorii irrigui, 4943,004 in seminatorii alberati, 14391,793 in seminatorii semplici, 3191,308 in pascoli, 268,451 in vigneti semplici, 31,734 in ficheti d’india, 7,411 in boscate, 6,926 in colture miste, 561,126 in terreni improduttivi, 50,413 in suoli di case (...).

21 luglio 2019

Dalla ABCD alla Purfina (3)


Dall'A.B.C.D. all'A.N.I.C.

Dell’A.B.C.D. all’inizio furono gli stabilimenti di Ragusa: i processi industriali



Nel novembre del 1955 un evento particolare riempì le cronache dei quotidiani, nonché i cieli di contrada Tabuna che furono coperti da una coltre nube di fumo nero, causata dalla rottura di una valvola del pozzo “Ragusa 9”. Fu nella notte tra il 6 e il 7 novembre, che
 Contrada Tabuna, Ragusa
durante delle prove di pistonaggio con la trivella National 130, dei gas incamerati nel sottosuolo fecero da miccia per innescare l’incendio che si propagò immediatamente in altezza. La trivella ne fu distrutta, ma fortunatamente nessuno rimase ferito dall’accaduto, anche se questo obbligò i vigili del fuoco a una intensa attività per ben cinque giorni. Accorsero soccorsi da Siracusa, Catania e Messina, ma anche dal Texas da cui giunse «il domatore di fuoco» Miron Kinley: un professionista che seppe far spegnere il gravoso incendio sviluppatosi, entro il giorno 11 novembre. Il metodo dell’incappucciamento fu quello applicato per l’incendio nel Ragusa 9, già praticato da Kinley in altre occasioni che richiesero il suo premiale intervento.

14 luglio 2019

Dalla ABCD alla Purfina (2)


Dall'A.B.C.D. all'A.N.I.C.

Dell’A.B.C.D. all’inizio furono gli stabilimenti di Ragusa: i processi industriali


[II parte]

L’ABCD divise la concessione dei giacimenti di asfalto con la Antonino Ancione S.p.A., che, nata negli anni Trenta in Palermo, nel 1944 aprì i suoi stabilimenti a Ragusa, trasferendo dal capoluogo siciliano la produzione di mattonelle di asfalto per l’arredo urbano – indicata, per questo, come unica produttrice al mondo, dell’epoca! 
   Dopo una serie di difficoltà dei concessionari inglesi dell’impresa Aveline Brothers, nel 1952, la società Ancione ne acquisì la concessione del giacimento minerario, la cui estensione ‒ di circa ottanta ettari in contrada Tabuna ‒ permise di ampliare la produzione di mattonelle, mastici d’asfalto e bitumi.

8 luglio 2019

Dalla ABCD alla Purfina (1)


Dall'A.B.C.D. all'A.N.I.C.

Dell’A.B.C.D. all’inizio furono gli stabilimenti di Ragusa: i processi industriali


[I parte]

La zona asfaltiva di Ragusa fa parte della formazione miocenica dei calcari (in massima parte elveziana e langhiana), che, a partire da Siracusa, si estendono sul versante meridionale dell’isola. 
   Già verso la metà del XIX secolo, delle rocce asfaltiche dette «pietra pece» si estraevano da una località non molto distante dall’abitato di Ragusa – le contrade Sdirupato e Mafita o Nafta – così conosciute e riportate da un appassionato di storia locale, Filippo Garofalo: 
   Il Ferrara lo descrive così: «Questo composto bituminoso che l’odore ha fatto chiamare pietra-pece, e ch’è formato di carbonato di calce, di petrolio e di poco allumine, brucia al fuoco e spesso trasuda olio minerale dai massi esposti al fuoco».
   Gli usi cui si adatta e può adattarsi la pietra asfaltica naturale sono moltissimi: 
Dalla pietra-pece asfaltica si fanno:
1. Lastre per pavimenti figurati di saloni, anditi… riunite alla pietra bianca di diverse forme e disegni;
2. Lastre per impedire la penetrazione e l’umidità;
3. Condotti incorruttibili per condurre acqua, tubi forati e simili; 
4. Trombe idrauliche per lo presciugamento delle miniere di zolfo ed altro; 
5. Trombe per pozzi atte a conservare la salubrità e nettezza dell’acqua ed al risparmio di secchie, corde, ecc.; 
6. Oggetti diversi, colonne, vasi, statue, balconi, gradinate, pavimenti, ecc.; 
7. Polvere di pietra bituminosa atta alla composizione del mastico idraulico degli antichi Romani unito alla calce viva: mastico impermeabile; 8. Asfalto per le pietre artificiali… 
   Si può estrarre: 
1. Asfalto secco per tele e cappelli incerati, vernici, colori, ecc.; 
2. Pece di asfalto per la marina; 3. Catrame di asfalto per la marina, colore per conservare il legname esposto all’aria; 4. Petrolio o nafta per illuminazione a gas.

28 giugno 2019

Dalla ABCD alla Purfina

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

Riferimenti sociali dalle origini ragusane alla raffineria ai margini della metropoli romana


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Premessa


Lo spunto ha preso avvio dalla ricerca svolta in precedenza, pubblicata nel volume “La vita quotidiana nel ragusano. Dal Fascismo alla Repubblica”, dove è stato riscontrato che ci sono stati dei collegamenti tra Ragusa ‒ capoluogo di provincia nell’estremo Sud d’Italia ‒ e Roma, la capitale. Un rapporto che si è instaurato maggiormente negli anni Venti, ma che ha avuto origini in precedenza.
   L’approfondimento trattato sulla produzione di asfalto nell’area del ragusano, sin dalla fine del XIX secolo, nella predetta ricerca di storia sociale e territoriale ha fatto rilevare che dall’estrazione della “pietra pece” compiuta nelle miniere di Ragusa e dalla lavorazione del prezioso materiale si è arrivati alla raffinazione in Roma, per la successiva commercializzazione a livello internazionale.
   Ecco, pertanto, che la relazione tra Ragusa e Roma ha preso maggiore consistenza nello sviluppo dello specifico argomento, alimentando questa nuova ricerca.