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25 agosto 2019

Dalla ABCD alla Purfina (7)

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

L’A.B.C.D. l’origine della raffineria di Roma che portò alla Permolio e gli aspetti sociali




L’attività della raffineria di via Portuense durante la Seconda guerra mondiale subì, comunque, dei forti rallentamenti, come del resto il settore in tutto il territorio, costringendo il regime a importare petrolio anche dalla Romania, nonché prodotti sintetici dal Reich. Riprese, nel secondo dopoguerra e l’attività della raffineria fu seguita maggiormente dall’ingegnere Luigi Miani, che all’inizio del conflitto nel 1940 si sposò con Yolande Beatrix de Dampierre, discendente dei principi Ruspoli. Con l’impegno del suo consiglio d’amministrazione e alla sua giuda si confermò lo stabilimento industriale più grande dell’area centrale, il quale, nondimeno, ebbe notevoli attenzioni a causa dello sviluppo urbano iniziato a incrementarsi attorno alla via Portuense, già a partire dal termine della guerra.
   In occasione di sbancamenti vicini alla linea ferroviaria Roma-Pisa, di fronte all’attuale via della Magliana Antica, nel 1947 furono individuate cinque steli funerarie, appartenute ai corpores custodes, le guardie scelte di Nerone e fu segnalata, anche, una zona cimiteriale con fosse e recinti per la deposizione di anfore cinerarie. L’area del fosso di Pozzo San Pantaleo, infatti, col passaggio della «via Campana», cosiddetta la via Portuense, che permetteva di accedere ai santuari paleocristiani, vedeva, nella leggera collina di Vigna Pia, insediarsi il santuario di San Felice, inseritosi nella preesistente basilica di papa Giulio I.
   Tra il 1950 e il 1952 ci fu un ampliamento dell’area della raffineria, la cui direzione societaria acquistò dagli Ospedali riuniti altro terreno nella zona in cui operò, fino a raggiungere i sette ettari, tanto che l’area di sua proprietà su via Portuense distò soltanto circa cinquanta metri dal fabbricato al civico 296 dell’ospedale “Lazzaro Spallanzani”, inaugurato nel 1936. Inoltre, per un ammodernamento degli impianti della raffineria nel 1951, il numero dei dipendenti arrivò a 140 fra operai, tecnici e impiegati.
   Pure i terreni adiacenti della vecchia A.B.C.D. furono acquistati per consentire l’ampliamento della raffineria. Una vasta area collinosa si estendeva ai confini con la stazione ferroviaria di Trastevere, e ne era proprietaria la famiglia che vi viveva, in una casa, con i proventi dell’orto. Aveva però incombente un grosso problema: doveva pagare le tasse di successione, ma mancava del denaro necessario. Lo risolse vendendo la proprietà ai fratelli M., e ottenne un camion per il figlio maggiore e l’assunzione, come operaio, di quello minore. Il biblico piatto di lenticchie al posto della primogenitura, poiché quei terreni valevano svariati milioni, e oggi miliardi.
    Nella primavera del 1951 gli scavi archeologici all’interno della Permolio, permisero di portare alla luce in una parte del Colle Rosato, nelle adiacenze della torre di distillazione allora in costruzione, un gruppo di tombe; nel periodo invernale, una necropoli con sepolture di tipo monumentale risalenti al II-III secolo d.C. Tra tutti gli edifici sepolcrali, una tomba apparve agli archeologi molto interessante, poiché le pareti dipinte emersero in ottimo stato di conservazione, le cui decorazioni permisero, anche per il tipo di stile pittorico, di fissarle introno alla metà del II secolo d.C..
   Per l’Italia fu quello, i primi anni Cinquanta, un periodo di grandi progressi economici ma anche di grandi illusioni. Il nostro Paese si arricchì a ritmi fino ad allora impensabili. Si fece una discreta riforma agraria e l’ottima riforma tributaria di Vanoni. La Malfa ottenne la liberalizzazione degli scambi. Ma, come si è detto, si coltivarono anche illusioni: fu ad esempio costituita la Cassa del Mezzogiorno che si rivelò un carrozzone clientelare (ben diverso da quella Tennesee Valley Authority, un gioiello dell’America anni Trenta che avrebbe dovuto esserne il modello).
   Nell’ambito di un quadro più generale della capitale, al Campidoglio, nel luglio 1952, fu rieletto Salvatore Rebecchini e già dal suo primo mandato del 1947 (che mantenne fino al 1956), il sindaco cercò di dare seguito alla ricostruzione della città. Fu un periodo di denunce per l’eccessiva corruzione che insidiò la capitale, avendo preso il sopravvento quello che fu ribattezzato “il regime imprenditoriale” e del primo cittadino democristiano si disse «Il riferimento del Vaticano in Campidoglio, quel Rebecchini!».
   All’epoca la Democrazia cristiana mirò a una ricostruzione più legata alla tradizione, una Roma più centro religioso-culturale e centro amministrativo-burocratico del Paese. Infatti, già entro il Giubileo del 1950 fu terminata via della Conciliazione e la stazione Termini: lo scalo ferroviario più grande d’Europa.
   Per il Partito comunista, come per i socialisti, lo sviluppo industriale avrebbe dato modo alla capitale di far espandere un settore in crescita, creando numerosi posti di lavoro e, quindi, una ripresa delle attività commerciali, interrotte dal conflitto bellico; sebbene, un ulteriore ostacolo alla ricostruzione venisse dai proprietari terrieri per il rilascio dei propri fondi. Un contrasto con la realizzazione dei progetti ancora riguardanti il Piano regolatore del 1931 e necessari per l’ubicazione dei nuovi stabilimenti romani[12], giacché i proprietari temettero la perdita della rendita fondiaria che avrebbero subìto. Un altro intralcio ancora, provenne dalla pressione degli industriali settentrionali votati a mantenere la marginalità delle imprese romane.
   Nella seduta al Comune di Roma, la relazione del 22 dicembre 1953 del liberale Enzo Storoni, assessore all’Urbanistica, avviò una crescente polemica, appoggiata dai comunisti, contro la politica edilizia del sindaco democristiano.
   L’evidente speculazione riguardo all’acquisto di aree, prima agricole e poi divenute edificabili, e quindi acquistate per pochi spiccioli per essere, poi, rivalutate in maniera spropositata, raggiunse alti livelli d’ingiustizia e immoralità; spinse, di fatto, l’avvocato liberale a richiedere la necessità di ripristinare la legge di disciplina dei suoli − che volle Giolitti − il cui esproprio del terreno fosse in misura del reddito del proprietario.
   Su questo filone, per parecchie settimane si poté leggere sia sulla stampa locale, sia su quella nazionale, dello scandalo creato dalla costruzione dell’hotel Cavalieri Hilton, nella collina di Monte Mario, voluto dal sindaco Rebecchini, dal Vaticano e dalla Società generale immobiliare. Tra le altre cose, per questa vicenda andarono “alla sbarra” per diffamazione, il giornalista Manlio Cancogni e il direttore de «L’Espresso» Arrigo Benedetti, a seguito della pubblicazione dell’articolo che, sostanzialmente, alluse alla corruzione e alla presenza di società di comodo finalizzate all'evasione fiscale.
   A far da spalla a Storoni, che cercò di ridurre lo strapotere della proprietà fondiaria attraverso, innanzi tutto, la moralizzazione degli uffici comunali e con la morsa fiscale, ci fu Aldo Natoli, capogruppo comunista, che contro “l’anarchia edilizia” imperante a Roma vide, come unico strumento necessario per bloccare la speculazione, l’esproprio delle aree che avrebbero riguardato l’espansione del demanio del Comune di Roma.
   Il pregio dei due politici fu di spostare queste argomentazioni, che seppur avessero coinvolto l’assetto urbano della capitale sarebbero state affrontate solamente dai tecnici e che, invece, le portarono nelle sedute della politica comunale.
   Non solo in ambito comunale la problematica fu affrontata; di fatto, nell’ambito della discussione per il disegno di legge, furono asserite parole che riportarono la realtà in aula, anche a seguito del contributo del socialista senatore Busoni:
   Anche il relatore dell’anno scorso, l’onorevole Canevari, aveva detto: «Occorre sia stroncata la speculazione sulle aree fabbricabili e sui materiali da costruzione». Il ministro Merlin nel suo discorso aveva dichiarato che il Consiglio dei ministri lo aveva incaricato di studiare il problema e di presentare una soluzione ma che, per discrezione, non poteva parlare del disegno di legge che quando il Consiglio dei ministri l’avrebbe approvato. La discrezione sarà diventata distrazione, ma il fatto è che di tale disegno di legge non ne abbiamo più sentito parlare e non c’è stato più presentato.
      L’onorevole Romita in sede di Commissione ha detto che lo stava preparando, ma oggi non occorre più soltanto un disegno di legge per stroncare la speculazione che si è già sfrenata. Se esso ci sarà presentato, ben venga, meglio tardi che mai; ma, onorevole Ministro, per restare sul terreno dei proverbi, qui si chiude la stalla quando i buoi sono scappati, e sono scappati buoi che hanno mangiato gran provvista di foraggio e che hanno un buon stomaco perché il foraggio era d’oro.
   No, oggi si tratta anche di colpire quegli illeciti arricchimenti, di far restituire almeno una parte del maltolto e di farlo servire proprio agli scopi a cui fu sottratto.
   Con l’avvento degli anni Cinquanta avremmo potuto vedere anche una Roma piena di persone intente a muoversi molto a piedi e, comunque, indaffarate in molteplici attività. Personaggi alle prese con lavori scaturiti da una creatività spesso tutta locale; lavori stanziali come pure ambulanti: botteghe storiche, ma, finanche, le improvvisate vendite di generi alimentari davanti alla soglia di casa, la raccolta di cartoni o di abiti usati o la vendita di mobili di antiquariato come pure di chincaglierie; usi e costumi nati dal bisogno e dall’inventiva estemporanea, tali da tramutare la necessità in vera estetica popolare.
   Nello sviluppo del decennio gli elettrodomestici sono stati gli oggetti più ambiti nel contesto familiare. Dalla lavabiancheria al frigidaire, al ferro da stiro per giungere alla televisione, queste furono le evoluzioni tecnologiche che permisero alle donne di dedicare più tempo alle attività extra casalinghe, proiettandosi verso una maggiore emancipazione, non riscontrabile in precedenza.
   Un decennio di sviluppo sociale, che lasciò l’impronta nella storia nazionale e che ebbe avvio da notevoli difficoltà economiche da parte dei più; di chi si appoggiò alle cambiali, le cosiddette «farfalle», per dare sfogo ai propri sogni; mentre gli “integralisti” preferirono accontentarsi solo dei sogni!
   Una necessità di maggiori contatti si ebbe sin dall’inizio con l’arrivo di migliaia di pellegrini a Roma nel 1950, per l’inaugurazione del XXIV Anno Santo, che Pio XII volle con lo scopo di dare un messaggio di luce e speranza della Chiesa cattolica romana, dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale e per “sconfiggere la deriva delle anime”, proclamando «l’anno della purezza».
   Una Chiesa ispiratrice anche della vita politica del Paese con la “benedizione” alla Democrazia cristiana, che ne usufruì dell’appoggio per tutto il periodo. Fu la squadra dei cosiddetti «professorini» tra cui Giorgio La Pira e Amintore Fanfani, che comprese il ministro Ezio Vanoni, l’economista Pasquale Saraceno, il costituzionalista Giuseppe Capograssi e i discepoli Giuseppe Dossetti e Giuseppe Lazzati a portare quello sviluppo sociale che trascinò il partito a valutare quella che fu poi denominata «l’apertura a sinistra». Avviata nel 1954 con Amintore Fanfani, dal ’53 ministro dell’Interno e proseguita nel 1963 con Aldo Moro, con la collaborazione del Partito socialista, del Partito socialdemocratico e del Partito repubblicano e che si cercò di mantenere fino al 1983: quando, poi, cedette il passo ai socialisti di Bettino Craxi.
   Dal dopoguerra con le elezioni amministrative del 18 aprile 1948 la Democrazia cristiana governò le sorti della nazione, ma dopo un altro “ventennio” – durata dei periodi politici a cui gli italiani si sono, ormai, abituati (non da ultimo il periodo del «berlusconismo») – il passaggio fu dettato, principalmente, da una paralisi della cultura cattolica, avuta maggiormente col subentro delle giovani leve che furono i “portaborse” dei padri fondatori. Questi, col tempo, abbassarono il livello di moralità ed ebbero, anche, difficoltà di reperire denaro, sempre più necessario al partito per anni mitizzato, non avendo mai avuto luogo un risveglio risolutivo che portasse al recupero della sua identità.
   A tenere, comunque, in piedi per decenni la Democrazia cristiana, a costringerla a reggersi e a non sfasciarsi, è stata, soprattutto, la sua base autenticamente cattolica, formatasi ai tempi di De Gasperi: milioni di umili persone che, nella paziente attesa di un chiarimento nell'organizzazione e ai vertici, hanno continuato a votarla con immutata fedeltà, tanto che dal 1953 al 1979 ha ottenuto intorno al 40% dei consensi elettorali.
   Nell’aprile 1953, intanto, tra gli eventi che rimasero in mente dei romani e non solo, ci fu la
misteriosa morte di Wilma Montesi, una ragazza trovata svestita e deceduta nelle spiagge di Torvaianica, nel litorale romano e le cronache dei giornali furono riempite dalla notizia. Prendendo spunto da questa dolorosa vicenda, i giornali cercarono di portare alla luce un’altra Italia – opposta a quella puritana tanto voluta dalla Chiesa e dalla censura – in cui furono frequenti festini a base di alcol e droga. Il sesso, tenuto nascosto dalla morale pubblica di quegli anni − tanto da crearne una doppia: la morale dell’essere e la morale dell’apparire, come pure, la morale dell’uomo e la morale della donna − fu alla base della vicenda Montesi, che appassionò i lettori nell’evolversi delle vicende comunicate dai rotocalchi, sulla base delle notizie provenienti dalle aule giudiziarie.

   Per la Chiesa e per la Democrazia cristiana gli alti valori della moralità furono da porre come obiettivo primario, ma apparve quantomeno particolare la compartecipazione a quest’atteggiamento da parte del Partito comunista, che al contempo fu rappresentato da esponenti di “dubbia moralità”. Palmiro Togliatti risposatosi con la Iotti, Luigi Longo che lasciò la moglie per unirsi con un’altra, Umberto Terracini lasciò la moglie russa per convivere con un’italiana, furono alcuni degli esempi e una dimostrazione di quando la realtà possa superare gli ideali, dando luogo a situazioni di ostacolo.


N.B. per facilitare la lettura on line sono state omesse le note, che, invece, saranno complete nell'e-book che sarà possibile scaricare...

La fotografia riproposta da Tracce Storiche è la figura di Wilma Montesi ed è tratta da Wikipedia


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