Pagine

21 luglio 2019

Dalla ABCD alla Purfina (3)


Dall'A.B.C.D. all'A.N.I.C.

Dell’A.B.C.D. all’inizio furono gli stabilimenti di Ragusa: i processi industriali



Nel novembre del 1955 un evento particolare riempì le cronache dei quotidiani, nonché i cieli di contrada Tabuna che furono coperti da una coltre nube di fumo nero, causata dalla rottura di una valvola del pozzo “Ragusa 9”. Fu nella notte tra il 6 e il 7 novembre, che
 Contrada Tabuna, Ragusa
durante delle prove di pistonaggio con la trivella National 130, dei gas incamerati nel sottosuolo fecero da miccia per innescare l’incendio che si propagò immediatamente in altezza. La trivella ne fu distrutta, ma fortunatamente nessuno rimase ferito dall’accaduto, anche se questo obbligò i vigili del fuoco a una intensa attività per ben cinque giorni. Accorsero soccorsi da Siracusa, Catania e Messina, ma anche dal Texas da cui giunse «il domatore di fuoco» Miron Kinley: un professionista che seppe far spegnere il gravoso incendio sviluppatosi, entro il giorno 11 novembre. Il metodo dell’incappucciamento fu quello applicato per l’incendio nel Ragusa 9, già praticato da Kinley in altre occasioni che richiesero il suo premiale intervento.

   Tra giornate di esultazione per la scoperta e di preoccupazione per gli incidenti di percorso, importanti furono, dunque, i fattori che diedero l’avvio all’espansione nell’area provinciale ragusana: primo fra tutti, la presenza delle materie prime necessarie al processo produttivo, come la pietra pece o roccia asfaltica, il calcare e, infine, il petrolio; in secondo luogo la presenza di industriali interessati come il Gruppo BPD, capaci d utilizzare le suddette materie prime, in maniera completa e secondo un processo verticale del cemento, come pure la Gulf Italia per l’estrazione del petrolio; terzo fattore fu la presenza in loco di un sindacato molto attivo, che seppe utilizzare la crisi mineraria del 1948/49 per dare seguito agli interessamenti dell’Assemblea regionale siciliana, per un fattivo intervento (vedasi l’emanazione della legge regionale n. 30/1950); in quarto luogo, la notevole sensibilità della classe politica ragusana che coinvolse gli uomini dell’ARS a intervenire sul progetto di ristrutturazione in atto del Gruppo BPD; un quinto fattore fu la veloce risposta della Regione Sicilia riguardante la risoluzione, in pochi mesi, di problematiche di natura burocratica, soprattutto, per quanto riguardò le concessioni minerarie inerenti società estere, nonché la riconversione dei minatori in addetti all’industria del cemento, attraverso appositi corsi di formazione-lavoro, grazie a finanziamenti del nascente Istituto regionale per il finanziamento alle industrie in Sicilia, l’IRFIS e dalla Banca internazionale; ancora, un sesto fattore fu la disponibilità della manodopera che si adattò in modo entusiasta al cambiamento lavorativo, sollecitamente; infine, il settimo e non certo l’ultimo, fu il clima collaborativo e di amicizia che si creò tra le istituzioni, gli industriali, i tecnici e la popolazione di Ragusa. 
Produzioni della Gulf Italia
1954.............................................. 2.239 tonn.
1955.............................................. 142.195 »
1956.............................................. 492.196 »
1957.............................................. 1.107.072 »
1958.............................................. 1.246.965 »
   Il “peso” delle royalty, versato dalle compagnie straniere per le quarantatré concessioni petrolifere, riguardanti un milione e quattrocentomila ettari circa, non fece entrare nelle casse regionali guadagni da capo giro, nonostante già nel 1956 avessero complessivamente perforato quarantanove pozzi, di cui trentacinque di esplorazione e quattordici di coltivazione e altre perforazioni fossero in corso in tutta la Sicilia. Infatti, nelle varie parti del territorio siciliano numerose squadre di geologi e di geofisici di varie nazionalità operarono per la determinazione di nuove ubicazioni di pozzi esplorativi. Queste attività permisero, inoltre, un’attività di forte e libera concorrenza tra aziende pubbliche e private, oltre che italiane ed estere. Un incremento al Piano Vanoni sullo sviluppo del Mezzogiorno dettato, principalmente, dall’incremento di nuovo capitale che affluì attraverso gli investimenti posti in essere dalle imprese straniere; oltre che un arricchimento sotto il piano tecnologico per i nostri tecnici, che favorì un certo sviluppo industriale. 
  L’idea del “petrolio” fece più che altro viaggiare la fantasia dei ragusani, che s’immaginarono proiettati “dalle masserie siciliane ai ranch del Texas”, con un’idea del cambiamento che però non ebbe rapporto nella quotidianità.
   Non si tratta di un’esagerazione. Oggi il petrolio dai pozzi di coltivazione a mezzo di una rete di oleodotti capillari passa direttamente ad una grande vasca di raccolta e da qui attraverso l’oleodotto Ragusa-Siracusa viene convogliato verso le raffinerie di Augusta. Di petrolio rimane a Ragusa quel tanto che è necessario alla società ABCD per azionare la centrale termoelettrica aziendale e, in prospettiva, per i prodotti della petrolchimica. Quanto al Comune non riesce ad ottenere neanche apprezzabili benefici fiscali. La Gulf Italia, concessionaria del petrolio di Ragusa, nel 1957 realizzerà una estrazione di oltre un milione e trecentomila tonnellate di grezzo, pari a 16 miliardi di lire, ma essa non paga tributi alla Sicilia e tanto meno a Ragusa! 
   Il programma di lavoro svolto dalla Gulf Italia dal 1950 al 1958 richiese investimenti e spese per circa 28 miliardi di lire, che crearono un contributo diretto per Ragusa in termini monetari per circa 3 miliardi, mentre per la Regione di circa 4 miliardi di lire. Il corto circuito che si creò in quell’epoca, infatti, coincise con il cambio di denominazione dell’ABCD, che diresse i suoi interessi maggiormente verso la produzione del cemento, considerando la sola estrazione della pietra asfaltica una perdita d’esercizio. 
   Degli 850 dipendenti della società nel 1958 – di cui 772 operai e 78 tra tecnici e impiegati – la parte dedicata all’estrazione della pietra asfaltica, oltre che con moderni macchinari, fu man mano diminuita, facendo confluire maggiori investimenti alla produzione di cemento idraulico. Fu data, altresì, l’opportunità ad altri 150 lavoratori nello stabilimento di polietilene, in fase di progettazione e una trentina per la centrale elettrica interna. Come pure, dei 3 miliardi di lire di fatturato, solo 300 milioni furono ricondotti all’attività di estrazione della pietra pece. 
   A seguito di una decisione del 1962, l’ABCD abbracciò, infatti, altre nuove tecnologie attraverso il polo petrolchimico, occupando 1.063 lavoratori, avviando la produzione di polietilene, utile per giungere alla fabbricazione della plastica, come fu denominato il «Riblene», in omaggio a Ragusa Ibla.
   L’impianto petrolchimico, costruito utilizzando brevetti e know-out di società tedesche, entrò in funzione nel 1964-1965, trattando il greggio proveniente dal Campo Ragusa, estratto dalla Gulf-Italia, impegnata al massimo sfruttamento della concessione trentennale ottenuta dalla Regione Siciliana a condizione piuttosto vantaggiose.
   L’impianto trattava 100-120 mila tonnellate di greggio, a ciclo integrato – dal craking del greggio, alla separazione criogena dell’etilene, alla polimerizzazione ad alta pressione (2.000 atm.) – per una produzione di 10-12.000 tonnellate annue di polietilene, oltre ai residui pesanti (bitumi) e leggeri (gas) bruciati in una centrale termoelettrica per la fornitura di vapore ed energia elettrica (20.000 kw.) per le necessità industriali dei vari impianti: petrolchimico, cemento, asfalto e derivati. I livelli di sviluppo industriale richiesero l’utilizzo di brevetti anche di società tedesche per la realizzazione dei vari cicli: della Heinrich Koppers AG per il processo del craking; della Linde per il processo di separazione dei gas; della BASF per quello di polimerizzazione.
   Questo nuovo processo fu rivolto a una prospettiva che guardasse verso un futuro legato più all’industrializzazione che non all’agricoltura, ma il ritrovamento d’idrocarburi liquidi nel sottosuolo dell’altopiano ragusano, non ebbe lo sbocco auspicato; fu, allo stesso tempo, testimone del contributo dato a quella rivoluzione industriale che mutò radicalmente la società e il modo di vivere mondiale dell’epoca.
   Nel 1962, lo studioso Aldo Pecora poteva così notare che “per la mancanza completa verticalizzazione della lavorazione dei prodotti petroliferi sul posto, i nuovi posti di lavoro non ricevettero un forte impulso: le industrie dell’asfalto e dei bitumi assorbono circa un migliaio di lavoratori, ed un altro migliaio sono gli addetti del settore petrolifero. La situazione demografica e quindi le condizioni sociali della città sono nel complesso piuttosto critiche, perché il petrolio ha esaltato le speranze ed ha stimolato le correnti migratorie dall’esterno… E’ evidente, pertanto, che il fenomeno della disoccupazione sia rimasto piuttosto grave, reso anche più scottante dall’ancora forte natalità…”.
   Nel 1967, le politiche riguardanti le produzioni nazionali di polietilene e di cemento portarono l’ENI a proporre l’acquisto di stabilimenti in Sicilia, tra cui quelli dell’ABCD. Il pacchetto azionario dell’ABCD fu venduto l’anno successivo all’ANIC, che prese possesso degli stabilimenti e parte delle miniere di Ragusa. La direzione dell’ANIC garantì, comunque, ai lavoratori gli stessi livelli e gli stessi numeri occupazionali, fino a un decennio, scegliendo, successivamente, un altro tipo di elaborazione che escluse la pietra pece dal processo produttivo. 
   Un’estate calda, quella del 1967 a Ragusa, che vide un periodo di scioperi per la notizia della vendita degli stabilimenti e degli accordi da chiarificare per i livelli occupazionali. Trattative portate avanti dall’ENI e dal Gruppo BPD per la cessione allo Stato degli impianti dell’ABCD, attraverso la mediazione del finanziere Longo Imbriani, allora consigliere sia dell’ENI e sia della BPD. Si parlò di un importo di 810 miliardi di lire, oltre i prestiti finanziari a lungo e medio termine, in capo alla società: capitali che l’ENI avrebbe dovuto versare ai privati, i quali non garantirono il reinvestimento né sulla città, né sull’isola, né, tantomeno, sul continente, bensì all’estero. 
   Argomentazioni che destarono lo sconforto nei ragusani, oltre al fatto che la BPD ebbe notevoli finanziamenti dalla Cassa per il Mezzogiorno, dalla Regione Sicilia e dall'IRFIS, riguardanti l’operazione di compravendita per l’ABCD, di inizio anni Cinquanta. Questi fatti portarono a scendere in piazza, il 28 luglio, insieme agli operai, impiegati e sindacati dell’ABCD, anche le autorità istituzionali locali, compresi i rappresentanti della Camera di commercio, a tutela degli interessi economici della zona. 
   I manifestanti resero pubbliche le richieste riferite a una maggiore condivisione della discussione politica sul rilevamento dell’ABCD, con i membri locali. Furono chiesti investimenti dall’ENI sugli impianti ragusani, con la previsione del progetto per la realizzazione del porto mercantile a Pozzallo, non da ultimo che i capitali della BPD restassero in Sicilia e specificatamente nel ragusano. 
   RAIA [psiup]– Ai Ministri del lavoro e della previdenza sociale, delle partecipazioni statali e dell’industria, del commercio e dell’artigianato. – Per sapere come intendano intervenire per eliminare il gravissimo malcontento esistente nelle popolazioni del ragusano per la mancata attuazione degli impegni assunti nell’autunno scorso da parte dell’ENI, consistenti nell’allargamento dell’area degli interventi nel settore petrolchimico e nel potenziamento delle strutture industriali esistenti, al fine di impedire la minaccia che incombe sulla economia ragusana per l’emorragia dell’emigrazione che costringe tanti lavoratori e giovani tecnici a cercare lavoro in Paesi stranieri.
   Per sapere se sono a conoscenza che i lavoratori dipendenti dell’ENI ex ABCD di Ragusa, hanno effettuato già tre giorni di sciopero per mancato rinnovo dei contratti di categoria e per il diminuito livello occupazionale provocato dalla mancata sostituzione dei lavoratori che vanno in pensione.
   Per conoscere quali passi urgenti intendano compiere per eliminare questo grave stato di agitazione che può intensificarsi per la caparbietà dell’azienda, che fino ad oggi non ha voluto trattare le giuste rivendicazioni dei lavoratori.
   Questi furono i quesiti che si radicarono tra i lavoratori della ex ABCD e le preoccupazioni che invasero lo sviluppo economico nella provincia di Ragusa nel 1968, ovvero, all’alba di una rivoluzione sociale che ebbe la base nei giovani, negli studenti universitari e che si propagò nelle varie nazioni europee e oltre Oceano. 
   Alla luce di quanto sopra, i motivi di vendita dell’ABCD all’ENI furono dettati, comunque, da una serie di avvenimenti che ebbero la loro incidenza. Ai sensi della legge regionale 8 agosto 1960, n. 36, fu costituita, con sede in Modica, l’Azienda asfalti siciliani, l’AZASI, ente pubblico economico, con un patrimonio di 3 miliardi di lire forniti dalla Regione e un contributo annuo di 50 milioni di lire, anch’esso interamente versato dalla Regione Sicilia; il cui scopo fu quello di sviluppare la ricerca, la coltivazione, la trasformazione e il consumo degli asfalti siciliani e dei suoi derivati, di fatto un altro cementificio sul territorio dei comuni Modica e Pozzallo. Dai dirigenti dell’ABCD fu interpretata come una chiara volontà politica di ostacolare l’industria privata, non evidenziandosi altre giustificazioni di tipo tecnico-economiche.
   Sotto il profilo strutturale fu indicata una sbagliata ubicazione dell’impianto petrolchimico, poiché distante dal mare, in quanto posto nell’altopiano ragusano. Dai tecnici dell’ABCD fu considerata di minore distanza col Campo Ragusa, luogo di estrazione del petrolio, oltre allo sviluppo di una joint-venture con la Gulf Italia per una comune attività petrolchimica. 

   L’aver individuato nel greggio pesante, prelevato dal Campo Ragusa, la materia prima per la produzione di etilene, non si rese risolutiva a causa del prezzo del greggio stesso che non fu opportunamente ridotto, a confronto a quello di altre materie prime necessarie al processo di trasformazione in etilene – che per polimerizzazione si trasforma in polietilene. La strategia industriale dell’ABCD non fu supportata dall’assessorato all’Industria della Regione, a causa della scarsa sensibilità e anche per via di una netta opposizione della Gulf Italia, che appoggiò il cartello internazionale, decisivo per il prezzo del greggio.
   A Ragusa nello stabilimento dell’ABCD, sono stati avviati i lavori per aumentare la produzione degli impianti polietilene e cemento. È in corso di realizzazione la quinta linea di produzione di polietilene della capacità di 36.000 tonnellate all’anno che si ritiene possa entrare in esercizio entro il 1970. È stato ordinato un forno da 1.000 tonnellate al giorno per il cementificio; la realizzazione delle opere edili è molto avanzata e l’impianto dovrebbe entrare in funzione all’inizio del 1971. Infine è in corso di completamento il gasdotto che porterà l’etilene da Gela a Ragusa.

   Negli anni Sessanta la produzione di polietilene ebbe una richiesta iperbolica da parte del mercato, che introdusse notevole materiale plastico di uso comune; purtroppo, la produzione dell’impianto dell’ABCD, che raggiunse le 10.000 tonnellate annue, non fu sufficiente a “gareggiare” con la concorrenza, che passò a decuplicare la produzione raggiungendo le 100.000 tonnellate. 
   Un’ulteriore difficoltà fu la risposta negativa della Gulf Italia di avviare una collaborazione con l’ABCD nella produzione di polietilene, per suddividerne i rischi e sfruttare le reciproche competenze, utile a contrastare le altre industrie nazionali ed estere sul mercato. 
  Queste tra le principali cause per cui i capitalisti della Capogruppo BPD, guidati dall’ingegner Cesare Romiti, preferirono la vendita dell’ABCD all’ENI. L’accordo previde la cessione di tutte le attività ragusane e di tutte le proprietà. 
[…] Il settore petrolchimico ha visto nel 1967 l’acquisizione, da parte dell’ENI, del complesso ABCD di Ragusa, destinato ad essere rapidamente integrato, nel modo più razionale possibile, con gli altri centri petrolchimici (Ravenna, Gela, Ferrandina) per i quali è già in atto un programma di ulteriore potenziamento. […] Sempre durante l’anno in esame [1967] è stato, infine, concluso l’accordo per il passaggio all’ENI del complesso chimico dell’ABCD di Ragusa, che produce polietilene, cemento, bitume e altri materiali da costruzione. […] Un ampliamento di capacità produttiva è contemplato anche per lo stabilimento dell’ABCD di Ragusa. […] Infine, anche per lo stabilimento di Ragusa, precedentemente di proprietà dell’ABCD, è previsto un ampliamento della capacità produttiva di polietilene. Esso sarà collegato con lo stabilimento ANIC di Gela attraverso una condotta che porterà a Ragusa l’etilene perché venga trasformato in polietilene. Questa integrazione costituisce la condizione indispensabile per promuovere nuove ed ulteriori occasioni di sviluppo.
   L’ANIC riuscirà a implementare la propria presenza nella produzione di polietilene a bassa densità, sviluppando anche le relative tecnologie di lavorazione. 

   Per quanto riguardò l’attività estrattiva della Gulf Italia, col passare degli anni, la capacità produttiva dei giacimenti ragusani andò sempre di più a diminuire, favorendone la cessione all’AGIP, allora concorrente. 

   La produzione di greggio passò dalle 650.000 tonnellate annue nel 1956 alle 300.000 nel 1977, mentre, con l’arrivo degli anni Ottanta i ventidue pozzi di estrazione si resero quasi del tutto inattivi, con notevole ricaduta sui livelli occupazionali.



N.B. per facilitare la lettura on line sono state omesse le note, che, invece, saranno complete nell'e-book che sarà possibile scaricare...

La fotografia riproposta da Tracce Storiche fu pubblicata nei quotidiani nel 1955 ed è tratta da Il Fatto Quotidiano


Per scaricare il libro vai alla fine della pagina di Premessa
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia.