Pagine

29 settembre 2019

Dalla ABCD alla Purfina (11)

Dall'A.B.C.D. alla Purfina

Il passaggio dalla Permolio alla Purfina nella Roma degli anni Sessanta





Per la realizzazione del trasferimento della raffineria di via Portuense, nel 1957 fu costituita una nuova società la “Raffineria di Roma – RdR”, il cui capitale fu costituito per metà dalla Purfina e per l’altra metà dall’ANIC, compartecipata dell’ENI. 
   Indiscrezioni designarono a nord di Palo Laziale quale località dove individuare i terreni da “offrire” alla nuova realizzazione industriale, ampliata al punto di poter realizzare una raffinazione di circa 3.000.000 di tonnellate di petrolio grezzo l’anno e con una lavorazione a ciclo completo, a confronto alle 400.000 attuali. 
   In primavera, purtroppo, la stampa dovette occuparsi di un fatto di cronaca. La preoccupazione più grande degli abitanti della Portuense fu sempre quella del pericolo di un grande incendio e in effetti, a causa dell’esplosione di un condotto di gas, in questo periodo a dover subire questo grande trauma furono le famiglie degli operai, che dopo l’incendio alle prime luci del 15 aprile, a seguito di atroci sofferenze legate alle numerose ustioni, dopo quaranta giorni decedette al San Camillo, Amedeo Piacentini – che insieme a due suoi colleghi, accorse per limitare il fuoco – ma ne rimase coinvolto. Un grave lutto per la comunità, poiché l’operaio fu molto giovane, solo ventidue anni. Dopo due giorni un’altra grave notizia provocò lo sgomento della cittadinanza: un secondo operaio Mario Sluca non riuscì a reagire alle ustioni letali al volto, alle mani e agli arti inferiori, lasciando senza rassegnazione i familiari accorsi all’ospedale. Aveva trentatré anni e di loro nessuno si è preoccupato in seguito, se non i loro cari. 
   Nella sera del 26 aprile 1957 fu stabilito che il trasferimento dovesse avvenire al 32° chilometro della via Aurelia, in località Quartaccia di Ceri, lembo estremo del territorio comunale; dodici chilometri in linea d’aria dalla località balneare di Fregene e cinque chilometri da Ladispoli. Di questo si sarebbero interessati le commissioni Urbanistica e Igiene e i rispettivi assessori D’Andrea e Borromeo. 
   Già un cambiamento rispetto a un precedente progetto che vedeva collocare i nuovi impianti al 22° chilometro della via Aurelia, ma con i depositi separati dagli impianti di raffinazione, dalla Aurelia stessa. La sistemazione al chilometro 32, invece, su un terreno dell’ente Maremma, sembrò più consona alla giunta comunale. Nel progetto fu indicato, anche, un oleodotto di collegamento tra la raffineria e il molo, per l’incanalamento del prodotto grezzo e per quello raffinato, da costruire nei pressi di Palo, come un’isola a distanza dalla riva e su un fondale di circa quindici metri, per permettere l’attracco delle petroliere. Collegato da una strada di larga carreggiata, che ne avrebbe consentita la manovra alle autocisterne e ai camion; inoltre, la strada dalla via Aurelia alla raffineria fu posta a carico dell’ente Maremma. 
   Certo, queste notizie posero le basi per delle valutazioni positivistiche riguardo alla maggiore occupazione, da creare con le operazioni di trasferimento, ma anche con la riorganizzazione e modernizzazione dei processi produttivi della costituenda RdR, al punto che si teorizzò un aumento delle maestranze di circa 200 lavoratori, per raggiungere i 500 dipendenti tra operai e tecnici, oltre al personale amministrativo e della sicurezza. Allo stesso modo si proiettò un aumento produttivo triplicato rispetto alla produzione attuale. 
   Il 29 luglio fu approvata dal consiglio comunale una convenzione con la società. In questa sede emerse in fase di dibattito una “denuncia” da parte del consigliere Cattani, ora nel Partito radicale, che evidenziò come l’approvazione della convenzione tra Comune e Purfina avrebbe nascosto l’implicito consenso a una variante del Piano regolatore nella zona Portuense, dove insisterono gli impianti. Una Variante che fu definita “infame” dal consigliere, poiché avrebbe sviluppato «un blocco di edifici a carattere intensivo senza alcuna zona di respiro». Tale, cioè, da prevedere – a questo punto – che l'uniformità del complesso edilizio sarebbe solo variata da una grossa destinazione al centro parrocchiale. D’accordo con questa dichiarazione si espresse anche il consigliere socialista Luigi Piccinato, anche in qualità di urbanista, disse che «peggiore variante al Piano regolatore non si poteva inventare per il Gianicolense». Al coro si unì il consigliere capogruppo comunista Aldo Natoli che, seppur fosse d’accordo alla stipula della convenzione per lo spostamento della Purfina in altro terreno, sempre nell’area del Comune di Roma, disapprovò anch’egli la variante indicata dai precedenti consiglieri, invitando i consiglieri, invece, all’approvazione di un emendamento contrario alla costruzione intensiva senza limitazioni nel territorio della raffineria, sostenendo che «la variante avrebbe dovuto uniformarsi ai principi edificatori di massima già esaminati dalla Grande commissione per il nuovo piano regolatore». L’emendamento fu approvato con voto unanime, eccetto l’astensione di Cattani. 
   Come si lamentarono gli abitanti della Portuense, anche il Consorzio per lo sviluppo di Fregene fece presente al sindaco (che intanto fu eletto Umberto Tupini, al quale seguì Urbano Cioccetti, sempre della Democrazia cristiana) le proprie preoccupazioni, circa la ricaduta del trasferimento della raffineria ai confini della località balneare, con pregiudizio per la pineta e per il comprensorio residenziale. Il sindaco cercò di rassicurare i rappresentanti del consorzio, comunicando le parti della convenzione in fase di approvazione. 
   Ma i comuni del litorale espressero le loro preoccupazioni per la compromissione paesaggistica di tutta l’area che ne sarebbe derivata, così il Consiglio superiore delle belle arti diede parere negativo e si tornò alla proposta iniziale della valle di Galeria, nella tenuta Pantano di Grano (a 2 km dalla via Aurelia, sulla strada che partendo da Malagrotta congiungeva la via a Ponte Galeria).
   Per tenere sempre sotto pressione il sindaco e la giunta, l’area “sociale” pose delle interrogazioni riguardo allo stato di trasferimento della raffineria, già agli inizi del 1958, ma giunse voce di un rinvio; nell’estate un editoriale su «l’Unità» del 24 luglio 1958, a firma di Renato Venditti – considerato ancora oggi la memoria storica del giornalismo comunista – spiegò la situazione, lamentando: 
   La totale assenza di un intervento statale che dia respiro all’economia romana. Non sarebbe tollerabile che nemmeno in questa occasione l’Eni sapesse comprendere i suoi doveri elementari. Se non si capisce questo, ci domandiamo quando si arriverà a comprendere che Roma ha bisogno urgente della industria di Stato per giungere a modificazioni strutturali della sua economia. Dovremo raccomandarci a San Pietro?
   In quel periodo nella parte sinistra di viale Marconi, verso l’ansa del Tevere, iniziarono i lavori di consolidamento di alcune delle attuali strade, nell’area che comprende via Enrico Fermi, via Silvestro Gherardi, via Luca Valerio e nel mezzo via Avicenna; mentre nel lungotevere rimasero numerose baracche fino alla fine degli anni Sessanta. Alcune rimasero anche oltre, soprattutto nella parte finale del lungotevere di Pietra Papa, dietro il consorzio agrario, dove una sbarra persisté a delimitare il passaggio e la parte dell’attuale lungotevere Vittorio Gassman non fu praticabile per molti anni. 
   In autunno iniziarono a circolare notizie riguardo al trasferimento degli impianti fuori provincia, a seguito di una richiesta fatta dal Comune di Gaeta, ma non confermata dalla giunta comunale romana; pressante fu, invece, la necessità di operare una variante al progetto iniziale di trasferimento. 
   A dissipare il dubbio del trasferimento degli impianti a Gaeta o Civitavecchia contribuì la risposta del ministro dell’Industria Emilio Colombo all’interrogazione di Maria Lisa Cianciari Rodano ex consigliere comunale, sulla consapevolezza delle operazioni di trasferimento dello stabilimento di raffineria: 
   La domanda presentata dalla società raffineria di Roma (costituita con partecipazioni paritetiche della società Purfina e dell’Azienda nazionale idrogenazione combustibili), per ottenere la concessione per la costruzione di una raffineria di petroli in territorio del comune di Roma – al chilometro 32,500 della via Aurelia – in sostituzione dell’analogo stabilimento attualmente sito in Roma – via Portuense – è stata accantonata per espressa decisione della società stessa, la quale è stata sciolta.
   In sostituzione della predetta domanda, la società Purfina ha successivamente inoltrato altra istanza con la quale ha chiesto la concessione di trasferire la predetta raffineria di via Portuense in altra zona del comune di Roma, e precisamente in località Ponte Galeria.
   Non risulta che la società Purfina abbia manifestato l’intenzione la sua raffineria da Roma a Gaeta.
   La possibilità di trasferire lo stabilimento in parola a Civitavecchia fu, a suo tempo, esaminata attentamente dalla società; ma tale progetto fu definitivamente scartato per difficoltà di ordine tecnico ed economico.
   Nella seduta del 22 luglio 1959 fu approvata dalla giunta una nuova convenzione con la direzione della società, per il trasferimento della raffineria da Via Portuense 2018 a Valle Galeria, nella località Pantano di Grano, in Via Malagrotta 226, anziché a Quartaccia di Ceri. Punto fermo, però, rimase la vendita delle aree rese edificabili dei terreni di proprietà della società petrolifera, nel fondo del territorio della Portuense.
   A porre il diniego al primo progetto, anche, il parere contrario espresso dal Consiglio superiore delle belle arti al Ministero della pubblica istruzione. 
   Alla scelta della località proposta dalla società fecero carico il collegamento a mezzo di oleodotti terrestri e sottomarini col deposito posto a Fiumicino, oltre all’ampliamento della strada comunale di via Malagrotta. 
   Intanto, nell’area d’interesse della Portuense, tra i 33 miliardi di lire messi a disposizione per la XVII edizione dei Giochi olimpici di Roma del 25 agosto 1960, ci fu spazio anche per la definizione della via «Olimpica» e nello specifico la creazione del cavalcavia sopra la Purfina, con la inaugurazione di via Quirino Majorana. La realizzazione dell’Olimpica richiese, sicuramente, un notevole impegno, anche a seguito del suo lungo tragitto – di circa trentuno chilometri – di collegamento rapido tra la zona sportiva dei campi atletici del Foro italico e l’area moderna della parte sud della capitale, l’EUR. Il mutamento urbanistico – come previsto precedentemente e anche nella Variante generale del 1942 – non fu fatto solo per creare nuovi impianti sportivi, ma furono aperti moderni passaggi sotterranei oltre a nuove strade. Di fatto, non consentì lo scorrimento veloce già negli anni Sessanta, ma fu, comunque, una infrastruttura di notevole valore anche per le pregevoli architetture che furono a essa collegate. In quell’epoca fu considerata una via esterna al centro cittadino, cosiddetta «una strada a scorrimento veloce». 
   Con l’inizio di questo nuovo decennio, Roma fu travolta, quindi, da un grande cambiamento, in cui si cercò di dare seguito a quello che fu da sempre uno dei principi delle società di persone, ovvero degli agglomerati moderni e come indicato in precedenza: la comunicazione (nelle sue varie accezioni). 
   Questo avvenne anche nel campo del trasporto aereo, che vide al 20 agosto l’inaugurazione del nuovo aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci” a Fiumicino. La cosiddetta «Olimpica», quindi, fu un’arteria stradale che permise di evitare il centro città, apprestandosi a collegare il nuovo quartiere dell’EUR con gli impianti sportivi dell’Acqua Acetosa. 
   Allo stesso modo l’evento dei Giochi olimpici ebbe una eco internazionale, soprattutto, per lo scenario dove si svolsero determinate discipline: si pensi agli atleti della lotta greco-romana le cui gare si svolsero nella basilica di Massenzio. La diffusione in mondovisione organizzata dalla Rai raccolse, inoltre, numerosissimi telespettatori italiani e fece registrare un notevole aumento degli acquisti di apparecchi televisivi in molte famiglie. 
   In estate, fu la risposta del ministro della Sanità Camillo Giardina a “rinfrescare” le richieste dei cittadini del quartiere Portuense, a seguito di un’interrogazione del senatore Mario Mammucari del Pci: 
   […] il Sindaco di Roma ha ora reso noto che l’Amministrazione comunale ha in corso gli atti per la stipula della convenzione per il trasferimento della raffineria nella località Pantano di Grano in prossimità di Ponte Galeria.
   La stipula di tale convenzione è peraltro sospesa in attesa del benestare richiesto al Ministero dei lavori pubblici al quale questa Amministrazione ha richiesto recentemente notizie in merito all’approvazione della sopracitata convenzione. 
   Nonostante le buone intenzioni iniziarono a trapelare informazioni riguardo ai tempi tecnici di trasferimento, che al momento non sembrarono essere brevi, anche in funzione della costruzione degli oleodotti sotterranei e sottomarini, di collegamento col deposito di Fiumicino. Si parlò di almeno tre anni per la realizzazione dei lavori di trasferimento della raffineria dal “quartiere di Pietra Papa”.
In autunno 1960 un comunicato dell’Agenzia Italia indicò la firma da parte del Ministero dei lavori pubblici, di autorizzazione allo spostamento della raffineria di petrolio da Via Portuense 218 a Via Malagrotta 226, località Pantano del Grano. Entro la fine di novembre fu firmato un accordo tra il Comune e la direzione della Purfina, riguardante il trasferimento degli impianti. 
   Dopo un periodo di “abbandono” di attenzione sulla raffineria, nella coda dell’estate 1962, riprese al Senato la questione del trasferimento il senatore Mammucari, in un intervento riguardante la relazione sul bilancio di previsione del Ministero della sanità. 
   Nell’autunno, fu riaperta la discussione su un trasferimento che non riuscì a vedere luce: fu approvato un ordine del giorno in cui il ministro della Sanità Raffaele Angelo Jervolino s’impegnò a ottenere i provvedimenti necessari affinché si potessero rimuovere le difficoltà del caso. 
   Furono i democristiani Pier Carlo Restagno e Antonio Bonadies a porre il problema al ministro: 
   (...) Siccome si dice che il problema non viene risolto perché il Ministero dell’industria non accorda alla società interessata un aumento della produzione, ed anche perché il Ministero dei lavori pubblici non concede una variante del piano particolareggiato della zona, così come richiesto dagli attuali proprietari della « Purfina », io [Restagno], a nome e nell’interesse di tutta la popolazione interessata, dal momento che la salute pubblica deve avere preminenza su tutto e su tutti, invoco dalla sensibilità e dalla bontà del nostro ministro una parola ferma su questo problema in seno al Consiglio dei Ministri, valendosi del voto del Senato, affinché le difficoltà che si frappongono alla soluzione del problema siano finalmente superate ed abbia finalmente luogo questo trasferimento che è ormai atteso da circa dieci anni. 
   Anche il ministro Fiorentino Sullo, dei Lavori pubblici, garantì il trasferimento della raffineria al più breve tempo, all’assessore all’Urbanistica Petrucci. Intanto, il sindaco Glauco Della Porta insieme al direttore dell’Ufficio d’igiene si recarono sopra il terrazzo dell’ospedale Spallanzani per prelevare dei campioni di aria, proveniente dalla direzione della raffineria, da poter analizzare nei laboratori; le analisi, purtroppo, si conclusero con un nulla di fatto. 
   La cronaca prevalse nel febbraio 1963, rispetto all’argomento principale dello spostamento degli impianti a Ponte Galeria: 
   Il capo contabile della « Purfina » di Monteverde, Giuseppe Tosini, di 41 anni, abitante in via Imperia, è stato accusato dai carabinieri del Nucleo di polizia giudiziaria di aver sottratto dalle casse della società 33 milioni di lire ed un numero impreciso di assegni. Lo hanno arrestato ieri ad Anzio. L’ammanco è venuto alla luce alcuni mesi fa dopo un controllo di cassa. 
   Intanto i petrolieri sono stati da qualche tempo in agitazione a causa della rottura delle trattative per il rinnovo del contratto e il 10 maggio 1963 è stata dichiarata un’astensione dal lavoro di settantadue ore, alla quale i lavoratori della Purfina hanno aderito. 



N.B. per facilitare la lettura on line sono state omesse le note, che, invece, saranno complete nell'e-book che sarà possibile scaricare...




Per scaricare il libro vai alla fine della pagina di Premessa
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia.