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27 settembre 2014

In Sicilia l’unico stupa d’Italia



La civiltà non è avere la luce elettrica o gli aeroplani, ne produrre bombe nucleari.
La civiltà non è uccidere esseri umani, né distruggere cose, né fare la guerra.
La civiltà è provare affetto reciproco e rispetto per tutti.
Nichidatsu Fuji

Dalle pendici dei monti Iblei, nella vallata che ospita l’aeroporto “Pio La Torre”, è possibile distinguere un simbolo di pace – unico in Italia − sorto affinché coinvolga tutti gli uomini di buona volontà.
   In questo luogo, vicino in linea d’aria a quella che è stata una “Base strategica per le forze della Nato”, è stata fondata la sede emblema di concordia e monito per l’intera umanità.
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   In questi giorni, che ci troviamo allo scadere di quasi cinque lustri dalla fine delle ostilità, alcuni giornalisti, testimoni dei periodi di forte tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, rievocano la “minaccia della guerra fredda”, che questa volta vede di fronte Obama e Putin. Di quest’ultimo, il capo del governo ucraino Yatsenyuk, dopo l’invasione, ha detto che: «Vuole restaurare l’URSS» e inoltre: «Aggressione della Russia minaccia a Europa libera» ha sintetizzato Obama.
   Un richiamo alla guerra di Crimea, ma dai diversi presupposti. Nel 1853, infatti, le prime liti che portarono allo scoppio della guerra di Crimea – in cui, tra l’altro, partecipò un contingente di bersaglieri comandati dal generale Alfonso Ferrero de La Marmora, alleati della Francia e del Regno Unito − ebbero tra le principali motivazioni la controversia riguardo alla nazione protettrice dei cristiani in Terra Santa nei confronti dei mussulmani dell’Impero Ottomano, in cui ricadde la Palestina. Nella realtà, la Russia − detentrice di detto titolo − mosse per aprire un varco nel Mediterraneo, da sempre sperato per lo sviluppo dei suoi commerci, ponendosi in tal modo, in contesa con la Francia di Napoleone III, aspirante al titolo di protettrice. Il conflitto terminò nel 1856 con una dura sconfitta per la Russia di Nicola II.
   Nel secolo scorso, la barriera di protezione antifascista che fu “inaugurata” nella città di Berlino il 13 agosto 1961 rafforzò la contrapposizione tra i paesi aderenti all’Organizzazione del trattato del Nord Atlantico e paesi del Patto di Varsavia; avviata già con la guerra di Corea nel 1950, oltre ai momenti di forte apprensione proprio tra USA e URSS dal 1959 al 1962 per l’armamento della Cuba di Castro, con i missili inviati da Khrushchev, i contrasti, poi, proseguirono con la guerra del Vietnam e Indocina conclusasi nel 1975.
   L’arrivo degli anni Ottanta, comunque, coinvolse in modo tangibile l’Italia nella contrapposizione USA/URSS. Con la questione della base missilistica a Comiso − designata dal governo Spadolini il 19 agosto 1981, a seguito dell’impegno italiano all’adesione al programma missilistico della Nato − si dimostrarono forti i contrasti da parte dei pacifisti italiani, appoggiati da quelli stranieri, nei confronti della politica militare degli americani, al punto che si tornò a leggere negli striscioni Yankee go home, come già visti in altre situazioni storiche.
   L’area perimetrale dell’aeroporto di Comiso fu presidiata dai contrapposti fronti dei pacifisti e delle forze dell’ordine, giorno e notte. Quella piccola comunità riunita alla periferia di Comiso – nel luogo più a Sud dell’Europa – espresse per tutto il tempo il sentimento più elevato e richiesto a gran voce: la pace.
   Terminata la Seconda guerra mondiale, infatti, emerse il disappunto degli americani nei confronti dei comunisti sovietici e s’intensificò la necessità di avviare la politica del containment a causa dell’espandersi dell’influenza sovietica verso i paesi limitrofi. Del resto, lo stereotipo statunitense si fondò anche con questa fase, nel suo sviluppo anticomunista; nel periodo della guerra fredda, di fatto, si distinse la rabbia nei confronti di un altro modo di vedere la società: l’essere comunità in contrasto al successo personale e all’etica individualistica.
   Una cappa che avvolse l’intero pianeta per circa quarant’anni in una lotta che si combatté con qualsiasi mezzo. Un esempio fu, pure, la guerra psicologica ai sovietici, e principalmente verso i moscoviti, attraverso la radio: “Radio Liberty” fondata in Spagna nel 1955, col contributo della Cia, in un luogo strategico in Catalogna e precisamente a Playa de Pals, trasmise oltre la “cortina di ferro” il modo di vita che segnò l’american style, per cercare d’influenzarli il più possibile. Fino a giungere alla “fase atomica” apice delle preoccupazioni mondiali: non che in precedenza tra gli armamenti delle due potenze non fossero compresi gli arsenali atomici, ma con l’arrivo degli anni Ottanta affiorò la problematica a livello mondiale e per quanto ci interessò dall’11 ottobre 1981 al 26 marzo 1991, la dislocazione dei centododici missili "Cruise", nell’aeroporto militare “Vincenzo Magliocco” di Comiso fu in primo piano nazionale e oltralpe.
   La “disponibilità” della base missilistica in Sicilia, approvata definitivamente dal Parlamento il 16 novembre 1983, non fu, comunque, da considerare totale da parte del governo italiano verso l’amministrazione Regan. Una dimostrazione furono i fatti dell’11 ottobre 1985 all’aeroporto militare “Cosimo Di Palma” di Sigonella, altra base della Nato, in cui furono sostenuti i principi di sovranità nazionale a seguito dell’attentato avvenuto sulla nave da crociera “Achille Lauro”. Gli americani insistettero per farsi consegnare gli attentatori palestinesi, ma il presidente del Consiglio Craxi ribadì con fermezza che questi dovessero essere giudicati dalle autorità italiane, seppur l’uccisione sulla nave riguardasse un cittadino americano.
   La tensione ha iniziato a diminuire dopo la sera del 9 novembre 1989, in cui i berlinesi hanno interpretato un annuncio di riforma molto ampia della legge sui viaggi all’estero, fatto da Schabowski, ministro della propaganda della DDR, come il suono delle campane della libertà e tutti si ritrovarono davanti al muro per abbatterlo.
   All’indomani del crollo del muro di Berlino si è avviata, di fatto, una politica di distensione tra USA e URSS, con Regan e Gorbaciov, ai vertici delle due potenze mondiali. Un risultato che si è potuto ottenere grazie a due fattori preminenti: l’ascesa di Gorbaciov al ruolo di segretario generale del Pcus oltre alle crescenti difficoltà economiche dei paesi dell’Est e in particolare della DDR, che hanno richiesto un intervento strategico immediato. Egli pose in evidenza due principi che si sono rivelati premianti: la perestroika intesa come radicale trasformazione politico-economica dell’URSS e la glasnost, la politica della trasparenza, che portarono il segretario generale a dichiarare che l’URSS non si sarebbe più intromessa negli affari interni dei paesi del Patto di Varsavia.
   Gli anni Novanta si sono presentati, pertanto, con nuovi intenti, frutto di entusiasmi già avviati nel decennio precedente, grazie anche allo scambio dei documenti di ratifica del trattato sull’eliminazione dei missili nucleari a medio e corto raggio schierati nel territorio europeo. Questa è avvenuta a Mosca il 1° giugno 1988, nel corso del IV vertice tra Regan e Gorbaciov, “scortati” dai ministri degli esteri Schultz e Shevarnadze − i veri protagonisti delle trattative tecniche.
   A “coronamento” è arrivato lo scioglimento dell’URSS il 26 dicembre 1991 e in Italia, tra l’altro, si è giunti ad avere la forza di fare un certo repulisti nel mondo della politica con l'inchiesta "Mani pulite", che ha portato, oltre a ciò, alla conclusione della cosiddetta «era Andreotti».
   Un altro modo di vedere il mondo appariva, quindi, agli occhi degli europei, che moltiplicavano gli sforzi per far confluire gli organismi esistenti in un’istituzione di raccordo tra le nazioni del Vecchio Continente, fino ad arrivare alla fondazione dell’Unione Europea il 1° novembre 1993.
   In quella parte remota del mondo e all’estremo Sud dell’Italia, appena fuori dalla cittadina di Comiso, sul cozzo Apollo in contrada Canicarao, fu donato un terreno al monaco giapponese Gyosho Morishita, che divenne l’area della sua mesta dimora.
   Egli – che fu direttore di banca a Osaka prima d’entrare a far parte dell’ordine – venne in questa zona a predicare la pace a seguito della particolare situazione in Sicilia: già dai primi anni Ottanta, infatti, nel 1982 si schierò con i pacifisti italiani e stranieri, formati in gran parte da non violenti, antimilitaristi, militanti dei partiti della sinistra storica, comunità cristiane, femministe, anarchici, ambientalisti, autonomi e punk, che lottarono contro l’alloggiamento dei missili nucleari nella base Nato (vedi articolo), da puntare direttamente contro la Libia.
   Una resistenza non violenta negli accampamenti di fortuna dei pacifisti, dettata anche da digiuni di protesta, quella del monaco buddista Morishita, avviata con la preghiera quotidiana sempre rivolta alla pace. Una preghiera accompagnata dal suono di un tamburo – antico strumento religioso – tipico della sua scuola di pensiero dell’ordine dei monaci della Nipponzan Myohoji.
   Fondato nel 1917 dal venerabile Nichidatsu Fuji, per ricordare la pace nel mondo, organizzò dopo il secondo dopoguerra, in ricordo di Hiroshima e Nagasaki, passeggiate per il disarmo nucleare e per i diritti umani. Una lontana derivazione della scuola di pensiero del monaco giapponese Nichiren, che nel 1253 rese pubblici i suoi insegnamenti, i quali alla base posero il “Sutra del Loto”, col saluto iniziale: «Namu myōhō renge kyō».
   Contemporaneo di Gandhi, Nichidatsu Fuji morì all'età di cento anni, nel 1985, lasciando una grande eredità spirituale che, ancora oggi, vede i suoi fedeli, monaci, monache e laici, impegnati nel portare a termine questo progetto, in continuo pellegrinaggio per il mondo. Nel 1947, il venerabile fondatore decise, oltre ai pellegrinaggi, che l’ordine avrebbe dovuto costruire cento pagode per la pace, in varie parti del mondo.
   Proprio col rinnovare questo saluto: «Namu myōhō renge kyō», il monaco giapponese ebbe modo di farsi conoscere, percorrendo le vie di Comiso – epicentro della protesta europea − pregando e percuotendo il tamburo. Riuscì a farsi accettare dalla comunità, che lo vide protagonista delle lotte anche al fianco dei pacifisti cattolici di Pax Christi guidati da don Tonino Bello, educando ai sentimenti d’amore verso il prossimo.
   Col trascorrere del tempo, la collina in contrada Canicarao negli anni Novanta era diventata la sede del campo per la pace “Verde vigna” e il monaco buddista Morishita aveva voluto che fosse costruito proprio in quel luogo l’80° stupa nel mondo – di fronte all’aeroporto di Comiso – affinché si potesse comprendere il monito verso le potenzialità distruttive installate nella base missilistica: la materializzazione di una preghiera perenne alla pace nel mondo.
   L’ordine fondato dal venerabile Nichidatsu Fuji indica che la costruzione della pagoda della pace, in genere, deve essere un processo da sviluppare lentamente, necessario, cioè, al raggiungimento di un risultato; infatti, se la struttura fosse stata costruita in breve tempo, anziché gli anni che sono stati necessari per la realizzazione di quella di Comiso, il significato sarebbe andato perduto.
   Un processo d’ingaggio che cambia i cuori, fornendo le prove di sfida e l'impegno che porta avanti la trasformazione, poiché uno stupa rappresenta l’illuminazione, la “chiara natura della mente”, esercitando un’influenza benefica universale, trasmettendo tranquillità e felicità. Partecipare attivamente alla costruzione di uno stupa può essere una grande fonte di gioia, dato che lo stupa rappresenta la mente del Buddha e un contenitore di reliquie. Un monumento che ha quasi certamente origine dal tumulo funerario, venerato come luogo sacro. La cupola sembra assecondare le spalle di Buddha in fase di meditazione, inoltre, il culto dello stupa si concentra nella dottrina “dell’accumulazione dei meriti”, distinta in merito fisico e merito mentale.
   I lavori sono iniziati nel 1994-95 e si sono protratti fino al 1998; la bianca costruzione è stata realizzata per un’altezza di sedici metri e per una larghezza di quindici, è stata consacrata il 7 luglio 1997 ed è stata inaugurata ufficialmente il 24 maggio 1998.
   Secondo il punto di vista religioso dell’ordine Nipponzan Myohoji in quella struttura confluisce una forte energia (confermato dalla fisica, poiché la punta dello stupa è un potenziale parafulmini), al quale si aggiunge la leggenda − infatti, non è confermato scientificamente − che in quel luogo s’incontri la placca tettonica africana con quella europea, costituendo, appunto, un luogo molto energetico; non da ultimo, proprio la Sicilia è geograficamente al centro del Mediterraneo e regione d’incontro di popoli provenienti dai tre Continenti, sicuramente un luogo sinergico; fermo restando la motivazione principale per cui si è edificato lo stupa in Italia.
   Di fatto, la realizzazione della pagoda della pace a Comiso in contrada Canicarao ha voluto significare un’ulteriore testimonianza dell’incontro interreligioso con comunità di provenienze diverse, indirizzate allo sviluppo dell’essere umano nell’alto simbolo della pace, nella conferma del valore buddista fondamentale del rispetto verso tutto e tutti.
   In tutto questo periodo ha avuto luogo la frequentazione di numerosi fedeli, nonché di simpatizzanti e curiosi che si sono avvicinati e hanno ascoltato le preghiere del monaco Morishita, ormai naturalizzato comisano. Soprattutto nel mese di aprile si celebra la “festa dei fiori”, inteso come l’anniversario della nascita di Buddha e nel mese di luglio si svolgono i festeggiamenti per la “festa della pace”, quest’ultima per celebrare la consacrazione della pagoda della pace.
   Oggi, il reverendo Morishita, dall’alto di cozzo Apollo, inizia la preghiera per la pace nel mondo, dei nostri cuori e delle nostre menti, la mattina presto, alle prime luci dell’alba, per poi muoversi verso Comiso pregando e percuotendo il tamburo per le vie della città e percorrendo numerosi chilometri a piedi; così come a metà pomeriggio esegue le preghiere nella pagoda sempre rivolte alla pace nel mondo. La domenica celebra raccogliendo i fedeli in maggioranza provenienti dallo Sri Lanka.
   In Europa altre cinque pagode della pace sono state edificate: tre in Inghilterra oltre a Germania e Austria.




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