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18 agosto 2008

Ai Siciliani “oro” nei giochi di Olimpia


Molti gli atleti Sicilioti che parteciparono alle varie discipline sportive, tra questi più di venti furono i vincitori.
    Provenienti delle principali polis della Trinacria, prendevano parte alle gare che si svolgevano ogni quattro anni ad Olimpia in Grecia, tra queste le città di: Akragas [Agrigento], Gela, Himera [Termini Imerese], Hybla [Ragusa], Kamarina [Santa Croce Camerina], Messana [Messina], Naxos, Siracusa, Tauromenion [Taormina]. La Sicilia, che andava per vincere, era applaudita e rispettata; la maggior parte delle vittorie si ebbero nel V secolo, tra il 496 e il 382 a.C.
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    Legmadi di Siracusa era un omone di grossa corporatura e si raccontava che fosse con le ossa senza midollo, in quanto non soffriva né fame né sete, con dei piedi che misuravano un cubito, 45 cm.. Nel 648 a.C. ha vinto nella disciplina del pancrazio, una lotta [pankratos con tutte le forze] in cui non c’erano limiti di tempo ed il cui scopo era quello di atterrare l’avversario, anche con calci, fino alla resa. Fu celebrato da Filostrato come uno dei più grandi atleti del mondo greco e la sua tomba fu mostrata vicino alle Latomie di Siracusa. Spesso per vincere tutti i mezzi erano buoni, nonostante i giudici di gara.
  Famoso il caso di Leontisco da Messana, costui ricorreva nella lotta a una tecnica lecita solo nel pancrazio, detta anche "lotta totale". Questi trucchi scorretti gli consentirono di diventare olimpionico di lotta nel 456 a.C.
   La correttezza era un concetto etico sconosciuto nello sport greco. Fra i vincitori olimpici anche i tiranni: Ierone I di Siracusa, Terone di Akragas e Gelone di Gela. Tra una guerra e l’altra, questi capi di stato trovavano il tempo per vincere a Olimpia, nella disciplina della corsa con i cavalli. Cinque erano i tipi di corsa, dal galoppo, dove si montava a pelo, alle gare con i carri; fermo restando che vincitore della gara era riconosciuto il proprietario del carro. Tethrippon, la quadriga, era la corsa con un carro a quattro cavalli in linea, la più antica e spettacolare; altre gare erano con le bighe e con carri tirati da giovenche o da muli. Il nome di Ierone fu scritto tre volte nell’elenco dei vincitori, due con il corsiero e uno con la quadriga. Questo tipo di gara fu vinta anche da Gerone e Terone, in seguito lo sarà da Alessandro Magno, Nerone e Tiberio. Ierone I fu celebrato da Pindaro nella prima delle sue XIV Olimpiche, di cui ben cinque per vittorie siciliane. Si trattava di epinici, canti per la vittoria, i cui versi erano cantati da un coro accompagnato da flauti e cetra. L’olimpica per Ierone I conteneva una rara descrizione della gara:
Il cavallo Pherenikos soggiogò la mente dei pensieri più dolci quando sull’Alpheios balzò porgendo senza sprone il corpo alla corsa e allacciò il padrone al trionfo, il re siracusano lieto di cavalli.
    Pindaro dedicò, inoltre, altri canti di vittoria a Terone; Psaumide di Kamarina che vinse con la quadriga: «Auriga eccelso del tuono dai piedi instancabili»; Agesia di Siracusa, luogotenente di Ierone I che trionfò nel carro tirato da mule; Ergotele di Cnosso [capitale dell’isola di Creta] che per Himera, terra di esilio, vinse nella corsa lunga.
    Ad Olimpia un’altra disciplina della corsa era quella a piedi, che si faceva nello stadio lungo 192,27 metri, nel diaulo un doppio stadio per andata e ritorno, di 384,5 metri ed infine c’era il dolico lungo 4615 metri, dove si svolgevano le gare di mezzo fondo. Crisone di Himera fu un grande atleta che dominò lo stadio, vincendo la gara di corsa sui 200 metri in tre Olimpiadi consecutive: 448, 444, 440 a.C.. Ebbe l’onore di essere citato da Platone, dove nel dialogo tra Protagora e Socrate, questi disse:
E’ come se tu mi chiedessi di seguire il corridore Crisone di Himera nel pieno delle sue forze […] Se fosse però necessario di vedere correre nello stesso tempo me e Crisone, chiedi a lui di adattarsi. Io infatti non posso correre velocemente, ma lui può fare lentamente.
    Ergotele che gareggiò anche nel dolico, vincendo nel 472 a.C., fu cantato da Pindaro nella XII Olimpica:
La gloria dei tuoi piedi spargeva i suoi petali, se la rivolta, uomo contro uomo, non ti privava della patria Cnosso. Ma ora incoronato ad Olimpia.
    Sarà citato anche da D’Annunzio nelle Laudi: «L’ala della triade sagliente armava i malleoli certi al corritore del lungo stadio. Ecco il bello Efarmosto d’Opunte, Ergotele d’Imera, Psaumede di Camarina».
   Per lo stesso tipo di gara, primeggiò due volte Esseneto di Akragas, nel 416 e nel 412 a.C., al punto che per i suoi festeggiamenti fu scortato in patria da trecento carri trainati da cavalli bianchi. Un altro campione fu Dicone di Siracusa, che vinse 14 gare panelleniche, tra cui, nei giochi olimpici del 384 a.C. vinse sia lo stadio sia il diaulo, dove si eseguiva una corsa di resistenza. L’ultimo vincitore Siciliano nello stadio fu Lomakon di Tauromenion. Era il 56 a.C.
   Tisandro di Naxos, vinse nella disciplina del pugilato ben cinque volte consecutive, dal 572 al 560 a.C.. Il pugilato procurava dolorosissime ferite per combattimenti in cui si poteva colpire l’avversario anche se a terra e la gara si svolgeva senza limiti di tempo; era solo proibito uccidere consapevolmente.
   Archia di Hybla fu il primo vincitore nella gara degli araldi nel 356 a.C., dopo di lui per molti anni, nessun Siciliano fu iscritto tra i vincitori dei giochi di Olimpia.
   I Greci esclusero dai giochi le donne, gli schiavi, i negri, i barbari (gli stranieri, finanche i Macedoni).
   Euripide nel dramma satirico Autolykos, scrisse: «Tra gli innumerevoli mali che esistono in Grecia non c’è nulla di peggio che la classe degli atleti; non fanno nessuno sforzo per vivere come si deve e non ne sono nemmeno capaci».
   Solone nel 594 a.C. decise che ai vincitori dei giochi istmici sarebbero spettate 100 dracme da sborsarsi dall'erario ateniese e 500 ai vincitori olimpici [500 dracme = 500 pecore = 100 buoi].




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